mercoledì 19 gennaio 2011

Testa o croce? In finanza si dice "Risk On" o "Risk Off"


Qualche giorno fa è apparso sul Sole 24 Ore un articolo che parla di “borse sincronizzate” e “scenario da fantafinanza”: inutile dire che l’argomento stuzzica l’attenzione, vediamo un po’ cosa ci propone l’autore, Vittorio Carlini.
Dunque, l’idea è piuttosto semplice: un mondo in cui indici, bond governativi, materie prime si muovono insieme; in una parola: asset finanziari tra di loro correlati. Secondo Carlini e gli esperti Hsbc, si tratta di un trend sottovalutato che negli ultimi anni che, seppure con le debite pause, è cresciuto (soprattutto quando la crisi morde l'economia reale!). Saremo di fronte ad una situazione provocata da un particolare fattore che, a loro dire, "domina" i mercati. «Il cosiddetto meccanismo del risk-on e risk-off», spiega Stacy Williams, uno dei coautori della ricerca di Hsbc. Vale a dire? «Si tratta della polarizzazione nelle scelte di trading. Gli investitori tendono a semplificare le loro strategie. Se stimano che le prospettive future», nel medio periodo, «sono buone assumono il rischio e investono: è il risk-on. Diversamente, disinvestono: il rischio è off. Giocoforza, in questa semplificazione, le caratteristiche singole dell'asset e la diversificazione di portafoglio, finiscono sullo sfondo».
Secondo Hsbc, proprio il fenomeno della correlazione sarebbe la prova della diffusione di una simile modalità d'investimento. Lo studio prosegue con un’analisi storica della “sincronizzazione” delle borse.
Tra il 2005 e il 2007 si nota una correlazione tra il rendimento dei governativi decennali di Giappone, Canada, Usa, Inghilterra e Australia. Tuttavia, le variabili che influenzano le quotazioni sono molteplici. La situazione, però, cambia dopo il caso di Northen Rock : «In quel periodo si riscontra, per esempio, un forte incremento della correlazione positiva tra gli indici di Borsa e diverse commodity. Salgono le prime e anche le seconde». Lo scenario di fondo si consolida, poi, dopo il crack Lehman Brothers : «Diminuisce la differenza di performance tra le Borse occidentali e quelle emergenti. Nel 2009, infine, la polarizzazione delle strategie è ai massimi. Il sincrono tra i movimenti di asset differenti quali il rendimento del decennale Usa, quello canadese, il Russell 2000, l'S&P e il Ftse100 è elevato. Un trend che, nonostante la ripresa economica, prosegue ancora oggi».
Fin qui la teoria, poi l’articolo passa all’utilizzo pratico della ricerca.
«In primis - sottolinea Williams-, chi vuole esporsi al meccanismo del Risk-on può optare per un paniere» che contenga l'S&P (31%), il Russell 2000 (15%) e il Ftse 100(54%): «è una combinazione caratterizzata da un'alta correlazione».
«Il legame tra diversi asset - aggiunge Maurizio Milano, responsabile analisi tecnica del gruppo Banca Sella - va monitorato. Un tempo, per esempio, possedere azioni e commodity significava avere un portafoglio diversificato. Oggi quest'impostazione non regge più: la liquidità influenza le quotazioni di molte materie prime, facendole andare a braccetto con le Borse».
L’articolo è senza dubbio interessante, tuttavia rimango un po’ scettica: da una parte son convinta che alcuni indici siano direttamente collegati con materie prime e commodity, ma mi sembra un po’ una forzatura attribuire tutta questa correlazione alle borse.
Soprattutto in periodi particolari come quello in cui stiamo vivendo, le variabili che influenzano i mercati sono molteplici ed è particolarmente difficile intuire cosa può succedere in un mercato, anche alla luce di cambiamenti in settori strettamente correlati. Si pensi ad esempio agli andamenti delle commodity e si scelga ad esempio il petrolio: il prezzo dell’oro nero è ancora ben lontano dai valori toccati prima della crisi, tuttavia per apprezzare cosa sta succedendo nel settore energetico nostrano si deve giocoforza analizzare anche il cambio euro-dollaro.
In definitiva, credo che sia giusto analizzare la correlazione tra i vari indici e alcune materie prime, ma le regole a cui gioca il mercato sono ben più complesse e forse difficilmente globalizzabili.