giovedì 10 novembre 2011

Stiamo grattando il Fondo

In questi giorni non si può non parlare dei problemi dello Stato Italiano e, si sa, quando c’è un problema si cerca di trovare una soluzione, un po’ come quando eravamo bambini e ci sbucciavamo le ginocchia giocando, come facevamo? Semplice, cominciavamo a strillare, arrivava la mamma che ci aiutava… Le cose non sono molto diverse a livello di stato: la via più semplice è sempre quella di chiedere aiuto agli altri!
Ora, che la crisi stia stringendo l’Italia in una morsa è evidente, anche la politica ne risente… chissà, tireranno la cinghia anche i nostri cari e amati deputati e onorevoli? Forse no, ma sicuramente questi non son tempi tranquilli neanche per loro… basti pensare che la crisi probabilmente si porterà via dalle scene Silvio, il Berlusca che ha dominato la politica del Belpaese da più di 15 anni.
Ma torniamo all’aiuto della mamma per il figlio in difficoltà, che letto in chiave economica diventa aiuto del Fondo Monetario Internazionale, un'organizzazione composta dai governi di 186 Paesi istituita nel 1946, dopo i celebri accordi di Bretton Woods. Il FMI oggi si occupa perlopiù di concedere prestiti agli Stati membri in caso di squilibrio della bilancia dei pagamenti; il fondo è stato protagonista di salvataggi importanti, come ad esempio l’Argentina nel 2001 o il Giappone nel 1997.
E veniamo a noi: l’attuale premier si è distinto per aver espresso pareri negativi sull’eventuale aiuto del FMI; ma perché non si dovrebbe accettare un aiuto “della mamma”? Perché insieme al prestito arriverebbero anche degli obiettivi da rispettare, insomma, il Fondo vuole che il paese in difficoltà ritrovi la retta via e per evitare che sbandi di nuovo deve intraprendere un giusto percorso, fatto di scelte spesso dolorose (leggi licenziamento del pubblico impiego, liberalizzazione, svalutazione della moneta). A parte la svalutazione (aderendo alla moneta unica è improponibile), lo scenario potrebbe essere questo: lo Stato riceve un aiuto finanziario, ma si deve immediatamente mettere a far cassa vendendo gran parte degli assets che ha, un po’ come succede nelle liquidazioni volontarie delle imprese. Solo che qui si parla di Stato, e l’interesse pubblico non può essere messo all’asta, spesso lo Stato si fa carico di quei servizi che per loro natura non possono e non devono essere gestiti dagli enti privati (si pensi a sanità, istruzione, giustizia o belle arti).
Vale d’avvero la pena svendere i beni pubblici del Nostro Paese, rivoluzionare il nostro stato sociale rinunciando agli attuali livelli assistenziali, per avere in cambio qualche finanziamento europeo? A mio modesto avviso la risposta è NO. Il Fondo Monetario Internazionale negli ultimi anni ha pagato i riflessi delle sue “ricette politiche” troppo spesso abbozzate, incoerenti con le specifiche situazioni degli Stati che negli ultimi venti anni ne hanno chiesto l’intervento. Dalla crisi argentina del 2001, dove il Fondo impiegò risorse ingenti, gli Stati che hanno richiesto l’aiuto di questa istituzione sono diminuiti drasticamente, segnando la fine di questa gloriosa istituzione internazionale. Non dimentichiamoci però, che in questi giorni al Fondo è stato affidato il compito di monitorare l’andamento dei nostri conti pubblici, almeno per i prossimi trimestri. Il mio auspicio è che il suo compito sia soltanto quello di monitorare e non quello di indicare al Paese la “rotta da seguire per il futuro” perché, altrimenti, la situazione potrebbe diventare così grave che più nessuno, nemmeno “la mamma” potrà venirci a salvare.

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