lunedì 8 novembre 2010

Il "moral hazard" e lo schema di Ponzi: come una semplice truffa può mettere in crisi un'economia intera

Il rischio morale (moral hazard) è un fenomeno che si ha quando una persona non paga le conseguenze delle sue scelte. Normalmente il rischio morale è considerato un problema: secondo la terminologia economica, un fallimento di mercato. In senso tecnico un fallimento di mercato è ogni allontanamento della realtà dal modello di equilibrio generale competitivo; ma cerchiamo di capire meglio in cosa può consistere un rischio morale.
Ad esempio, immaginiamo che un soggetto A convinca i suoi conoscenti a prestargli soldi sostenendo di conoscere un meccanismo mirabolante per moltiplicarli. La voce gira, i soldi arrivano sempre più numerosi; il meccanismo che sta alla base è semplice: con i soldi degli ultimi si pagano gli interessi, sempre un po’ troppo alti, oppure si rimborsa il capitale dei primi che cominciano ad avere dei dubbi, e così via. Dove è il problema? Il problema è che non c’è il meccanismo mirabolante per moltiplicare i soldi.
Tornando ad A, non è necessario che questi sia disonesto o che scappi con il malloppo. Se A si è preso troppi rischi, o è stato sfortunato, violazioni di legge a parte, il suo meccanismo di truffa cadrà non appena un numero sempre più grande di investitori chiederà indietro i propri soldi, provocando una crisi di liquidità ad A, che si troverà costretto a dichiarare il proprio fallimento. Questo apparentemente semplice meccanismo viene utilizzato da anni per gonfiare bolle speculative in tutto il mondo, perfino quella dei mutui sub-prime. Questa apparentemente semplice catena di Sant’Antonio prende il nome di schema di Ponzi. dal nome di un truffatore di origine italiana, Carlo detto Charles, nato a Lugo di Romagna nel 1882. Rispetto alla catena di Sant'Antonio il Ponzi punta in realtà su una figura carismatica centrale, che mantiene i contatti diretti con i clienti. Non si tratta di una struttura piramidale pura, che ha il difetto di crollare con maggiore rapidità. Negli anni Venti Ponzi organizzò una supertruffa, offrendo il raddoppio in tre mesi del capitale investito in titoli (inesistenti) delle Poste internazionali.
Riprendiamo adesso il nostro esempio, e cambiando un piccolo particolare: se A, però, è una delle banche mondiali salvate con i soldi pubblici, perché troppo grandi per fallire, assistiamo a un fenomeno che vale la pena di ricordare: i debiti si devono sempre pagare, anche quando sembra che non li paghi nessuno. I debiti che non paga il debitore, li paga comunque il creditore, rinunciando volente o nolente ai propri soldi. Se il creditore non ha più soldi, nel senso che le garanzie che ha in mano, oppure il suo capitale non valgono il credito cui deve rinunciare, e quindi si apre un buco così grosso da minacciare la stabilità dell’economia. Allora lo Stato inventa una soluzione per socializzare il debito cercando di “spalmarlo” sul massimo di cittadini possibile, come succede con il debito pubblico e il più dilazionato possibile. Da qui possiamo arrivare ad una prima conclusione: il rischio del debito privato di un paese è sempre privato, alla fine, se non si vogliono fare danni a catena. Corollario della prima conclusione è che bisogna controllare sempre il livello di rischio che è associato al debito privato di una certa economia, ma a chi spetta questo controllo? Alle tanto discusse agenzie di rating? A qualche organismo internazionale superpartes? Quel che è certo è che al momento nessuno si sta preoccupando di farlo, o almeno di farlo in modo appropriato.
Consideriamo, come suggerisce l’”Economist”, la politica della Fed della "term auction facility": questo strumento serve per finanziare le banche in difficoltà senza far sapere al mercato che la banca che lo usa è in difficoltà. Si tratta di creare un’imperfezione informativa per permettere alla banca di finanziarsi senza soffrire una perdita di reputazione. La motivazione alla base è che, se la banca non scaricasse su terzi i propri rischi, non accederebbe alla finestra di rifinanziamento. Questo sembra essere solo un esempio di una cosa già nota: ogni politica monetaria che salva sistematicamente le banche crea azzardo morale. Ma qui non abbiamo una conseguenza indesiderata di un salvataggio, ma una strategia deliberata per evitare la crisi.
E, per la prima volta da quando abbiamo deciso di intraprendere quest’attività del blog, le nostre idee, cari lettori, divergono. Per cavalleria esponiamo prima l’idea di Federico, che spulciando qua e là ha trovato questa notizia sullo schema di Ponzi e ha, quindi, dato avvio alla discussione:
Se si ha paura di comportarsi in maniera irresponsabile, perché i mercati forniscono incentivi corretti, questi incentivi vanno eliminati, perché come la storia passata ci insegna è stato il comportamento irresponsabile da parte degli attori economici che ha portato all’evoluzione del sistema finanziario, a volte con effetti positivi, a volte con effetti decisamente deleteri (vedi la crisi dei mutui sub-prime), ma che sicuramente saranno la base della finanza del futuro.
Secondo Valentina, invece, non è necessario che si debba arrivare all’azzardo morale (leggi speculazione) per avere un mercato efficiente, o comunque un sistema finanziario che non collassi; la speculazione certamente fa muovere molto, ma non può e non deve essere il volano per alcun tipo di economia! Insomma, è come un raffreddore latente e mal curato: dovrebbe essere attentamente monitorato e contenuto perché può avere degli effetti devastanti.
Secondo entrambi, comunque, il moral hazard è pericoloso perché sono in ballo grossi rischi… ma anche grosse opportunità!

Nessun commento:

Posta un commento