domenica 3 luglio 2011

La cultura del rischio aziendale: consigli pratici per un futuro migliore


“Il rischio è la potenzialità che un'azione o un'attività scelta (includendo la scelta di non agire) porti a una perdita o ad un evento indesiderabile”.
Prima di tutto è bene ricordare che in concetto di rischio è fondamentale in economia, e ormai nessun operatore del settore può più permettersi di ignorarlo. La recente crisi finanziaria, infatti, ci ha insegnato come una sottovalutazione del rischio da parte di tutti (organismi internazionali, stati, banche, e risparmiatori) abbia portato tremendi danni a cascata di cui sentiamo ancora oggi le conseguenze.
Una volta definito il rischio vediamo, con un esempio, come questo può trasferirsi da un soggetto all’altro senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. Prendiamo il nostro risparmiatore che decide di acquistare obbligazioni di un’azienda X. Per farlo si interfaccerà con la sua banca di fiducia che gli farà firmare una dozzina di fogli prestampati, scritti in caratteri molto piccoli, esattamente come prescrive la legge. Il nostro investitore, come ognuno di noi, non si metterà mai a leggere questa montagna di fogli, e anche se si mettesse a leggerli difficilmente riuscirebbe a comprenderne il significato, per questo tenderà a fidarsi della banca. Beh tutti questi fogli potrebbero essere risparmiati se si volesse veramente informare il risparmiatore su cosa stia effettivamente comprando. Mi spiego meglio: una società in questo caso X emette obbligazioni per procacciarsi risorse economiche sul mercato per finanziare i propri investimenti. Ebbene, ogni investimento è soggetto a un rischio, variabile certo, ma pur sempre un rischio a cui il risparmiatore deve porre attenzione. Gli investitori quindi comprano debiti di una società con i relativi rischi industriali. Invece di utilizzare (e rischiare) denaro proprio per investire, le società usano quello degli altri, trasferendo quindi il rischio agli obbligazionisti, i quali spesso non ne sono consapevoli, in quanto considerano certi sia gli interessi che riceveranno, che il capitale che verrà loro restituito.
Molti di voi penseranno che non va esattamente così, molti rischi, infatti, possono essere coperti sfruttando altri strumenti finanziari, i cosiddetti derivati. Ovvero titoli che dipendono dall’andamento di altri titoli sottostanti. Le imprese hanno sfruttato questi contratti per difendersi dal rischio derivante dai propri investimenti, stessa cosa hanno fatto i piccoli risparmiatori per difendersi dal rischio che i loro investimenti non venissero rimborsati a scadenza.
Tutti questi soggetti, credendo di aver adeguatamente coperto i propri rischi, hanno iniziato ad indebitarsi sempre di più, e ad iscrivere quantità sempre maggiori di derivati, lasciando la tradizionale forma di copertura rappresentata dal capitale proprio.
Quest’ultimo è tradizionalmente la garanzia contro il rischio di un cattivo investimento, ma nel momento in cui ci si sente quasi senza rischi, si tende a crescere l’indebitamento da parte di terzi (ovvero le obbligazioni). In questo modo però le aziende hanno finito per legare il loro destino a quello del sistema finanziario, e quando questo è crollato a causa dell’insolvenza di coloro che si erano indebitati tramite i cosiddetti “mutui subprime” (cioè mutui concessi a persone quasi prive di  qualsiasi forma di garanzia), tale crollo ha trascinato nel precipizio moltissime banche e aziende.
Sicuramente una maggiore cultura del rischio diffusa a cascata su tutti i soggetti economici sarebbe un bel deterrente per le prossime crisi finanziarie che potrebbero caratterizzare la futura economia: peccato che nessuno dei nostri politici stia pensando un’idea del genere, non solo come deterrente di comportamenti scorretti, ma anche per riformare quella cultura della legalità che abbiamo visto infrangersi ormai troppe volte negli ultimi anni. Ma si sa, governare un popolo ignorante è più facile!

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